giovedì 11 giugno 2015

Le ETICHETTE ALIMENTARI...Tutto ciò che c'è da sapere!

Quanti di voi quando vanno a far la spesa, si preoccupano di leggere l'etichetta degli alimenti che acquistano? Alcuni mi risponderanno che lo fanno ma, probabilmente, l'unico dettaglio dell'etichetta al quale si fa attenzione è la data di scadenza. 
In realtà, vi sono molte altre informazioni che bisogna evidenziare per capire che cosa abbiamo tra le mani. 

Le informazioni obbligatorie contemplate dalla normativa (UE n. 1169/11), sono le seguenti: denominazione dell'alimento, elenco degli ingredienti, evidenziazione di eventuali allergeni, quantità di alcuni ingredienti, il peso, la durabilità, la modalità di conservazione,il nome e indirizzo del produttore, istruzioni dell'uso (se necessarie), il numero di lotto e l'origine. 
Le informazioni volontarie sono: codice a barre e stabilimento. 

La tabella nutrizionale , contenente 7 valori e riferita a 100 g o ml di prodotto, non è obbligatoria per tutti gli alimenti. Ne sono esenti: ortofrutticoli freschi, acque gassate, aceto, formaggi, burro, latte e creme di latte fermentato- salvo l'aggiunta di ulteriori ingredienti (enzimi, fermenti lattici, sale)- alimenti monoingrediente (es. zucchero). 


Vediamo ora le etichette dei principali gruppi di alimenti. 

1) FRUTTA e VERDURA : oltre alle informazioni di base (denominazione, origine, categoria, calibro, prezzo al kg), vi sono caratteristiche poco chiare, come la provenienza, per esempio in merito alla varietà di un frutto. Così, mentre i produttori si preoccupano di indicare la regione di provenienza, il metodo di coltivazione resta un rebus! Esso infatti viene specificato solo quando si tratta di agricoltura biologica. 
Dal 13 Agosto 2015, l'ortofrutta confezionata, verrà regolamentata per la prima volta. Tra le novità già introdotte, vi è la precisazione in etichetta se il prodotto è lavato e pronto al consumo o alla cottura: tale precisazione tuttavia, non ci esula dall'effettuare sempre un lavaggio sotto l'acqua corrente per eliminare un'eventuale carica batterica riprodotta. 
Una NOTA: le insalate in busta vanno consumate entro 48 ore dall'apertura. 

2) CEREALI : la denominazione "farina" è usata solo per quella di grano tenero (Triticum vulgare), diversamente da quella di grano duro (Triticum durum) che in Italia, per legge, viene impiegato per la produzione della pasta. Tra le farine speciali, ormai se ne trovano di tutti i tipi: senza glutine, di mais, di mandorle, manitoba, di malto ecc. Ma quella che certamente merita di essere enunciata è quella Integrale. Lo sfarinato integrale, può essere commercializzato come tale solo se è ottenuto direttamente dalla macinazione del cereale in toto, liberato solo da impurità. Mentre sulla farina non ci sono dubbi, diversamente si è facili prede di inganno sui prodotti derivati (pane, pasta e biscotti). 
In commercio infatti, vi sono molti prodotti da forno, a base di farine raffinate alle quali viene semplicemente aggiunta la crusca : tale comportamento fraudolento non è vietato dalla legge, poichè la vecchia normativa non vietava di chiamare "integrale" un prodotto raffinato addizionato di crusca. Il VERO INTEGRALE si riconosce se, nell'elenco degli ingredienti, la farina o la semola sono esplicitamente definite integrali.  

Una NOTA: nei prodotti da forno, a volte, si trova la dicitura "lievitazione naturale" che significa che all'impasto è stato aggiunto lievito madre; ciò non significa che il lievito di birra non sia naturale. Non lo sono invece i lieviti chimici (bicarbonato di sodio e difosfato disodico), non ammessi nella preparazione del pane. 

3) DOLCI: in Italia, per tutelare la qualità dei 3 dolci tradizionali delle feste (pandoro, panettone e colomba), la normativa prescrive che la lievitazione sia naturale, che ci siano uova fresche esclusivamente di categoria A e che ci sia il burro (16% nel panettone e colomba, 20% nel pandoro). 
è vietato quindi il ricorso a grassi di natura diversa, eccetto il burro di cacao. Regole certe anche per le farciture. 
Una NOTA: attenzione alla dicitura "senza zuccheri (aggiunti)"; un prodotto dolciario o una marmellata che vanti questa proprietà, in realtà ha zuccheri propri e, non di rado, gli zuccheri veri e propri sono sostituiti dai dolcificanti.  

4) OLIO di OLIVA: è classificato in base alla % di acido oleico in : extravergine (0.8%), vergine (2%), di oliva (miscela di olio d'oliva e vergine, ideale per friggere), di sansa (ottenuto con estrazione chimica, è di scarsa qualità). In etichetta, a parte le informazioni obbligatorie, è opportuno indicare le modalità di conservazione: ovvero al riparo dalla luce e dal calore, i quali concorrono all'ossidazione dei grassi ed al deterioramento. 

Una NOTA: Attenzione alle frodi! Malgrado sull'etichetta possa essere riportata la denominazione di "olio extravergine d'oliva", la reale acidità dell'olio può essere verificata solo con analisi di laboratorio. Una frode molto diffusa, consiste nel miscelare all'olio d'oliva olii di semi o di sansa, o peggio ancora a questi ultimi viene aggiunta la clorofilla,la quale dona all'olio un verace colorito verde brillante. 

5)FORMAGGI : la precisazione dell'origine del latte usato per ottenere il formaggio è spesso omessa, poichè non obbligatoria, così come non lo è l'elenco degli ingredienti (se il formaggio è fatto solo con latte, caglio, sale, enzimi e fermenti); fanno eccezione i formaggi sfusi e freschi, per i quali è richiesta l'indicazione del sale in etichetta. 

6) CARNE: l'età dell'animale, il paese in cui è nato, dove è stato allevato e macellato sono le informazioni che sarebbe bene trovare in etichetta quando acquistiamo la carne al banco. Tuttavia, la sola carne realmente regolamentata è la bovina, oggetto di regole rigorose - ricordate lo scandalo "mucca pazza"?- già dal 2000. Per fortuna, da quest'anno l'indicazione obbligatoria d'origine, si applica anche alla carne suina, ovina, caprina e avicola. Ne restano misteriosamente escluse: la carne equina, le quaglie, le lepri, i conigli e gli struzzi. 
Riassumendo, le voci obbligatorie in etichetta sono: produttore, denominazione, indicazioni utili, lotto e codice del capo, durabilità, bollo sanitario, origine e quantità. 

Una NOTA: per la carne biologica, il protocollo prevede innanzitutto animali di allevamenti italiani, che si adattano bene al nostro ambiente e quindi si ammalano di meno; in alcuni casi gli animali vengono curati con rimedi omeopatici ed erboristici, solo in casi rari ed estremi si ricorre a farmaci veterinari. Ovviamente gli animali sono nutriti con foraggio biologico, senza OGM. 

7) PESCE: alcune informazioni utili alla scelta del pesce sono riservate agli operatori e negate al consumatore: è il caso del calibro e della categoria di FRESCHEZZA del pesce. Per il pesce sfuso, diverso da quello fresco, si indica se è CONGELATO (la glassatura di ghiaccio è considerata tara), oppure DECONGELATO (il prodotto non può essere ricongelato, ma da consumare entro le 24 h). Anche nell'etichetta di prodotti a base di pesce è obbligatorio riferire l'eventuale presenza di allergeni o additivi (come l'anidride solforosa).
Una NOTA: non sempre il pesce "scongelato" è dichiarato. Ad esempio, nel tonno in scatola, nel pesce somministrato crudo, nel pesce scongelato per poi sottoporlo ad affumicatura, salatura, marinatura ecc. 

8) UOVA: sono classificate in 2 categorie: la A, riservata ai consumatori, la B alle aziende alimentari e non. Tutte le informazioni che ci serve sapere sono stampate sul guscio dell'uovo, sintetizzate in un codice, obbligatorio per tutti i produttori, tranne per quelli che hanno meno di 50 galline. 


  • il primo numero del codice identifica la tipologia d'allevamento (biologico, all'aperto, a terra ecc)
  • IT indica il Paese (l'Italia) in cui le uova sono prodotte
  • I tre numeri successivi indicano il codica ISTAT del Comune in cui ha sede lo stabilimento
  • TV  la sigla riferisce la provincia in cui è sito l'allevamento
  • le cifre successive identificano nome e sede dell'allevamento
  • ENTRO, indica la data di scadenza 

 9) ACQUA e BEVANDE: con un consumo procapite medio di 187 litri di acqua all'anno, gli italiani sono i maggiori consumatori di acqua in bottiglia. Ma attenzione alla composizione analitica! Oltre ai minerali presenti, un dato importante è il residuo fisso, ovvero la quantità di sali disciolti in 1 litro d'acqua a 180°C. Per una corretta diuresi, si consigliano acque con un residuo fisso inferiore ai 200 mg/L . 
Sull'etichetta, è obbligatorio inserire un'avvertenza vicino alla denominazione di vendita se per esempio, la concentrazione di Fluoro supera l'1,5 mg/L: tale dettaglio è indispensabile, poichè non è opportuno il consumo di un'acqua così da parte di lattanti e bambini di età inferiore ai 7 anni. Un altro dato è la durabilità: l'acqua non dura in eterno. Si consiglia di consumare l'acqua in bottiglie di plastica entro i 6 mesi, quelle in bottiglie di vetro entro l'anno. Dei requisiti dell'acqua parleremo un'altra volta. 
Per quanto concerne le bevande a base di frutta, ecco una distinzione che forse non conoscevate: 
- La spremuta è ottenuta da succhi di frutta fresca o congelata e poi pastorizzata una sola volta, prima di essere confezionata;
- Il succo da concentrato, subisce un processo più lungo della spremuta e perciò possiede meno vitamine;
- il nettare di frutta, ha una % di frutta che varia dal 25% al 50%; lo zucchero è ammesso fino al 20% del prodotto;
- succo e polpa, si distinguono perchè la frutta è in forma di polpa in purea;


Ancora molto ci sarebbe da dire, ma queste sono le informazioni che dovrebbero essere alla portata di tutti! La mia speranza è, che d'ora in poi, abbiate un occhio in più per le etichette, non solo per la scadenza :) 
A presto! 

lunedì 1 giugno 2015

Intolleranze e Allergie...qual è la DIFFERENZA?

Molti al giorno d'oggi, causa la disinformazione, non saprebbero spiegare il significato dei 2 concetti. 
In questo post, cari followers, vi chiarirò una volta per tutte- per chi ancora di voi non lo sapesse - il significato di ciascun termine. 

L'interesse per questo argomento ormai è globale e riuscire a identificare con esatezza se una persona ha un'intolleranza piuttosto che un'allergia verso una particolare sostanza o molecola, è di fondamentale importanza. 

  • ALLERGIA: una sostanza estranea al nostro corpo, definita "allergene", se viene a contatto con esso(talvolta anche senza penetrare nell'organismo), è in grado di suscitare una risposta allergica, ovvero una serie di sintomi (rossore, prurito, gonfiore, mal di pancia, mal di testa, diarrea, vomito) associati ad una risposta immunitaria (quindi anticorpi IgE verso quell'allergene) dipendente dalla dose di allergene assunta che nei casi estremi può sfociare nel pericolosissimo shock anafilattico. Esempi di allergie ce ne sono tantissimi: dalle allergie al pelo del gatto, al polline, alle graminacee a quelle nei confronti di determinati cibi come la frutta fresca, la frutta secca, i molluschi e alle proteine dell'uovo e del latte vaccino (queste ultime compaiono in età neonatale e si risolvono nella maggior parte dei casi in età prescolare). 
  • INTOLLERANZE: anche nel caso delle intolleranze i sintomi possono essere i medesimi o simili a quelli che si ritrovano nelle allergie (mal di testa, mal di pancia, gonfiore, diarrea e vomito) ma non vi è alcun coinvolgimento immunitario. Esempi di intolleranze sono: al lattosio (lo zucchero del latte), al fruttosio (zucchero della frutta e non solo), al glutine (proteina del frumento, farro, orzo, avena e segale), al nichel (si trova ovunque) ecc. Di non tutte le intolleranze si conosce la CAUSA; tuttavia nella maggior parte dei casi si tratta di un'intolleranza enzimologica, cioè alla persona manca l'enzima per digerire quella precisa molecola ed ecco perchè sta male ogni volta che la assume.
Come si diagnosticano?

  • Le allergie si diagnosticano principalmente con test cutanei come il "prick test" (l'allergene viene inserito nella pelle del soggetto, la positività sarà un ponfo di qualche mm), oppure più raramente con il "rast test" (vengono dosati nel sangue del soggetto le IgE specifiche per quell'allergene). Diffidate di altri test fatti in casa e non scientificamente attendibili!
  • Le intolleranze invece, si diagnosticano in modi differenti a seconda della sostanza in esame. Nel caso del lattosio e del fruttosio, si fa un test del respiro (breath test), 
  • nel caso del glutine è tutta un'altra storia: essendo un'intolleranza che scatena una risposta anticorpale, è necessario prima cercare un particolare enzima nel sangue della persona (transglutamminasi epiteliale), e se c'è, la conferma viene data SOLO dalla biopsia intestinale (quindi una bella gastro o colonoscopia!). Anche in questo campo si sono cimentati furbacchioni che hanno allestito fantomatici test che non hanno alcun fondamento scientifico. 
Uno di questi è...il CITO TEST, inventato nel 1956, ancora in voga al giorno d'oggi presso farmacie, medici e nutrizionisti che NON hanno a cuore la salute dei loro pazienti bensì solo il loro denaro. 
Questo test infatti, afferma che una persona è intollerante a una certa sostanza, semplicemente grazie ad una risposta leucocitaria. In altri termini, nel caso in cui la persona venendo a contatto ad esempio col pomodoro, i globuli bianchi si rompano o deformino, allora quella persona sarà sicuramente intollerante al pomodoro e anche alle patate. I globuli bianchi si rompono spesso nel nostro corpo e di certo non è colpa delle sostanze con le quali veniamo a contatto. Insomma amici, diffidate delle imitazioni e rivolgetevi solo ad esperti del settore che abbiano certificato le loro attività. 
Se anche voi, avete problemi con alcuni cibi, parlatene col vostro medico e se non vi darà ascolto o sottovaluterà il problema, rivolgetevi subito a un nutrizionista che saprà di certo indicarvi la strada corretta da seguire. Benchè non sempre si tratti di intolleranza o allergia, potrebbe pur trattarsi di colite: di questo argomento parleremo in un prossimo articolo. 

A presto!